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Unione Italiana Ornitofili
A proposito di allevamenti ed allevatori (15/05/07)



Sui concetti di “allevamento” e di “allevatore” c’è nell’opinione pubblica una certa confusione. Per me, che sono certamente anche un allevatore, il discorso è semplice e credo di averlo già ben chiarito in un precedente “Volo dell’albatro” laddove riprendevo, proprio a proposito del concetto di “allevatore”, le parole che il Paola gli dedicava in un suo antico volumetto.
Come ulteriore contributo alla discussione può però essere utile riportare quanto sull’argomento hanno scritto alcuni famosi etologi, tutti, per altro, anche appassionati allevatori e tutti più o meno fortemente critici con un certo modo di intendere la scienza e la ricerca come “superiori” e lontane dall’allevamento e da chi, per diletto, lo pratica.

Danilo Mainardi, in un suo libro dedicato agli animali domestici (“Del cane, del gatto e di altri animali”, Mondadori, Milano 1996) torna spesso, in termini positivi, sul concetto di “allevamento”.
“Cultura e coltura (com’è ovvio) – scrive Mainardi – hanno la stessa origine e fino a qualche secolo fa non c’era differenza tra le due parole. Ora non è più così; per me, però, che vivo in mezzo agli animali ‘culturalmente e colturalmente’, e cioè studiandoli ma anche allevandoli, sempre più diviene viva l’impressione che non esiste una separazione netta tra (zoo)cultura e (zoo)coltura. Oppure, se c’è, che si tratti soprattutto di una prepotenza (la u vale più della o)”.

Desmond Morris, nel suo “Noi e gli animali, come convivere” (Mondadori, Milano 1992) accenna anche al mondo delle esposizioni. Scrive Morris che “… in generale, i termini di Contratti animali che sono alla base delle varie gare, si tratti di uccelli, cavalli o qualunque altra specie non sono troppo rigidi. Le società uomo-animale sono ragionevolmente giuste…”.

Infine dell’argomento in più occasioni tratta anche il grande etologo Konrad Lorenz, che era anche un conosciuto allevatore: creò infatti una razza di cani, l’Eurasier, ed allevò con ottimi risultati canarini, in particolare Arricciati del Nord. Nella sua ultima opera, uscita postuma e considerata il suo testamento spirituale (“Io sono qui, tu dove sei?”, Mondadori, Milano 1989) traccia un profilo perfetto dell’allevatore (o amateur, come lo definisce). Ecco allora le parole del grande etologo.
“È opportuno a questo punto spendere qualche parola sulla passione per gli animali. Sulle labbra dello scienziato le parole amateur, o dilettante, hanno per lo più un significato dispregiativo. Amateur viene dal latino amare, dilettante da dilettarsi. Oggi è di moda valutare l’esperimento più dell’osservazione priva di presupposti, ritenere la quantificazione una fonte di conoscenza più importante della descrizione. Si dimentica che alla base di ogni scienza è la descrizione, a sua volta fondata sulla semplice osservazione in assenza di presupposti. Da soli l’interesse teorico e la pazienza non sono sufficienti per scoprire le leggi che governano i comportamenti sociali degli animali superiori, la cui conoscenza potrà aprirsi solo allo sguardo di un uomo, sostenuto da quella gioia per l’oggetto della propria osservazione, che noi amateurs o dilettanti proviamo nel nostro lavoro”.

                                                                              Massimo Camerata