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                Unione Italiana Ornitofili 
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                L’ultimo volo di d’Arrigo 
                (27/03/06) 
             
                Sabato scorso, 25 marzo, il deltaplanista 
                recordman di traversate internazionali, Angelo d'Arrigo, 
                è morto, precipitando con un velivolo ultraleggero 
                durante una dimostrazione a Comiso nel Ragusano. Con lui c'era 
                un ufficiale dell'aeronautica in pensione, il generale Giulio 
                De Marchis, anche lui esperto pilota.  
             
                Angelo D'Arrigo, 44 anni, pilota siciliano 
                di volo libero, cioè il volo senza motore, era noto per 
                aver oltrepassato l'Everest in deltaplano nel 2004.  
             
                L'ultima sua impresa è 
                stata sorvolare  l'Aconcagua (6962 m), la vetta regina della 
                Cordigliera delle Ande. Per effettuare il volo D'Arrigo ha 
                studiato e seguito per lungo tempo il volo dei condor, 
                prendendone spunto dall’anatomia per la realizzazione dei 
                materiali utili al suo deltaplano. La spedizione italiana 
                "Aconcagua Flight Xplorer 05", composta da dodici 
                persone, era partita dall’Italia il 6 dicembre per 
                raggiungere Puente del Inca, cittadina a circa 20 chilometri 
                dalla frontiera con il Cile, in cui hanno avuto luogo le 
                complesse operazioni di ambientazione e preparazione del 
                sorvolo dell'Aconcagua, o "Sentinella di Pietra", la 
                montagna sacra degli Incas. 
             
                 D'Arrigo amava gli uccelli, in particolari 
                i grandi volatori, e tra questi soprattutto le aquile, con 
                alcune delle quali condivideva la sua vita. Molte sue imprese 
                sono quasi ai confini della realtà, svoltesi nei cieli e 
                sulle rotte impossibili di tutto il mondo. Quattro anni fa si 
                alzò in volo con il suo deltaplano dal Circolo Polare 
                Artico e, seguito da uno stormo di gru siberiane, 
                insegnò loro la rotta migratoria che le portò 
                lungo 5.500 chilometri fino in Medio Oriente, in l'Iran.  
             
                Cosa era accaduto? Le uova di quelle gru si 
                erano schiuse sotto le ali del suo deltaplano e lui aveva dato 
                da mangiare ai piccoli pulcini con un “becco” 
                artificiale. Come una “madre”, poi, le aveva 
                condotte, volando, fino a “casa”. 
             
                Due anni fa, nel maggio 2004, si 
                alzò invece in volo con l'aquila Gea e dal campo base 
                sfruttò una corrente ascensionale per salire fino a 
                quota 9.000 metri. Giunto in quota, sorvolò  l'Everest, 
                sempre con Gea che volava al suo fianco. Con un'altra aquila 
                invece, Nike, sorvolò anni fa il Sahara. L'ultima grande 
                impresa era stata, appunto, quella di imitare i condor volando 
                lungo la Cordigliera delle Ande e sull'Aconcagua, il 31 
                dicembre scorso, salendo fino ai 7.453 metri della vetta 
                più alta d'America.  
             
                Nel 2007 avrebbe voluto sorvolare il monte 
                Wilson, nell'Antartide.  
             
                Spiegava così la sua passione: 
                «gli uccelli mi hanno insegnato cosa significa 
                veleggiare. E io ho imparato. Ho scoperto che il mio era un 
                bisogno, per così dire, ancestrale. Ho due maestri di 
                riferimento: Leonardo da Vinci e Konrad Lorenz». 
             
                Ora, sono certo, questo uomo eccezionale 
                che divideva il cielo con gli uccelli che tanto amava sta 
                compiendo il suo ultimo volo. Per dove non so e lascio alla 
                coscienza religiosa di ognuno di voi immaginarne la 
                destinazione, ma so per certo che in questo preciso momento 
                nell’immensità del cielo il suo viaggio verso 
                l’eternità è accompagnato da due aquile e 
                da uno stormo di giovani gru siberiane. 
             
                            
                                  
                                  
                                  
                                Massimo 
                Camerata 
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