Detenzione di animali di specie protetta. L’art. 1 della legge n. 150 del 1992, come sostituito dall’art. 1 della legge n. 59 del 1993, nel punire chi, in violazione di quanto disposto dal D.M. 31 dicembre 1983, detiene animali di specie protetta, non richiede affatto che la detenzione sia finalizzata alla vendita, essendo sufficiente che la detenzione di tali animali sia frutto di una importazione illegittima. Cass. pen., sez. III, 1 marzo 2000, n. 2598 

 

Detenzione di uccelli imbalsamati appartenenti a specie protette - reato ex art. 1 L.150\92. La detenzione di uccelli imbalsamati appartenenti alle specie tutelate dall'art. 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, non integra il reato contravvenzionale previsto dall'art. 30, comma 1, lett. b) di detta legge, atteso che questa intende solo tutelare la fauna selvatica in quanto possibile oggetto di attività venatoria. Né potrebbe trovare applicazione il disposto di cui al comma 2 del citato art. 30 (in base al quale la violazione delle disposizioni in materia di imbalsamazione e tassidermia dettate dalla stessa legge n. 157/92 è soggetta alle medesime sanzioni previste per l'abbattimento degli animali le cui spoglie vengano sottoposte ai suddetti trattamenti), dal momento che l'art. 6, comma 3, della legge in questione, al quale fa implicito richiamo l'art. 30, comma 2, sanziona solo le condotte illecite di imbalsamatori e tassidermisti, e non anche quelle di terzi detentori di "preparazioni tassidermiche e trofei". È configurabile, invece, il reato di cui all'art. 1 della legge 7 febbraio 1992 n. 150, qualora gli uccelli imbalsamati, pur se non detenuti a fine di commercio, appartengano alle specie minacciate di estinzione, quali indicate negli allegati al Reg. CEE n. 3626/82 (poi sostituito dal Reg. n. 338/1997, a sua volta modificato dal Reg. n. 938/1997), cui si fa riferimento nella norma incriminatrice. Cass. pen., sez. III 18 aprile 2000, n. 4752


 Il Friuli-Venezia Giulia non puo' concedere ai privati la gestione: solo personale della Provincia per la selezione dei volatili (Corte Costituzionale 210/2001)

Non basta essere titolari di una "autorizzazione all'esercizio della cattura degli uccelli" (aucupio) e non basta avere gia' esercitato tale attivita' in base a precedenti autorizzazioni regionali o provinciali: il personale da impiegare per la selezione avicola dei richiami vivi, da utilizzare, a loro volta, ai fini dell'appostamento venatorio, deve essere personale esclusivamente della Provincia, "qualificato e giudicato idoneo dall'INFS" (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica). Si e' cosi' espressa la sentenza della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sull'art. 3 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 1 giugno 1993 (Disciplina dell'aucupio), che, ai commi 1 e 3, prevedeva di concedere la gestione degli impianti di cattura a "soggetti privati", per quanto specializzati. La norma regionale Ë stata vista contrastare con l'art. 4 (comma 3) della legge statale n. 157 dell'11 febbraio 1992 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), ritenuta direttiva di ordine generale ("legge quadro") e tale da condizionare il rispetto del legislatore nell'ambito delle stesse competenze speciali locali, in tema di caccia. La disposizione regionale, aperta all'intervento privato nel delicato settore della selezione dei volatili da richiamo, non sarebbe stata in grado di garantire "ne l'imparzialita', ne la qualificazione degli operatori dell'attivita' di cattura". Percio', avrebbe offeso l'interesse ("unitario, non frazionabile") della disciplina nazionale, cui Ë demandata la preservazione del "nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica" (sentenza n. 168/1999 della Corte Costituzionale). Tale interesse consiste nel corretto utilizzo degli impianti e nella conoscenza delle specie che possono essere cedute come "richiamo". Esso puo' essere garantito solo dal "distacco" dalla passione venatoria del personale utilizzabile ai fini della cattura. Si rende necessaria quindi l'appartenenza di questo personale alla pubblica amministrazione, oltreche' la sua piu' "adeguata qualificazione tecnica". Obbligo di revisione per la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia e implicito ammonimento al piu' severo rispetto delle leggi che tutelano il patrimonio faunistico avicolo del nostro Paese. †(Corte Costituzionale n.210 del 2 luglio 2001)

 

Non era costituzionale una modifica in senso contrario della Regione Liguria: la caccia alle specie protette e' sempre vietata (Corte costituzionale 135/2001)

Niente 'caccia selvaggia' in Liguria. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' della delibera con cui la Liguria disponeva "Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1 luglio 1994, n.29 (Norme regionali per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)". E ha ribadito con forza che la 'caccia di selezione' non puo' operarsi dalla generalita' dei cacciatori, come non puo' rivolgersi contro le specie protette (quale attualmente e' lo storno), ne al di fuori dei principi fondamentali di cautela salvaguardati dalla legislazione statale. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha eccepito l'illegittimita' costituzionale di una legge della Regione Liguria in materia di "protezione della fauna omeoterma" e di "prelievo venatorio". La normativa di cui si tratta, approvata a maggioranza assoluta dal Consiglio ligure il 26 gennaio 1999, intendeva riproporre talune modifiche ad una precedente legge regionale (n.29 del 1 luglio 1994), nonostante il 'rinvio' fattone per due volte consecutive dal Governo (il 5 dicembre 1998 e il 15 gennaio 1999) e mirante a evitare che, da parte della Regione, si violasse "la riserva di competenza statale in materia di regolamentazione delle specie cacciabili". Il merito della questione si giocava intorno all'art.19 della legge-quadro 11 febbraio 1992, n.157, che qualifica la disciplina statale in tema di 'caccia' come fondamentale e inderogabile, a norma dell'art. 117 della Costituzione. La delibera regionale, invece, all'atto d'inserire il comma 2-bis nel testo dell'art.36 della legge n. 29/1994, avrebbe autorizzato la propria Giunta tanto ad eludere l'elenco delle specie cacciabili, quanto ad introdurre nuovi interventi di 'controllo faunistico', distinti da quelli ammessi nei piani selettivi regolamentari. Poco importa se la decisione del Consiglio regionale ligure sia stata presa allo scopo di prevenire danni alle coltivazioni minacciate da storni o da cornacchie, dopo aver giudicato "inadeguati gl'interventi finora attuati da parte provinciale", La potesta' legislativa locale deve restare vincolata ai criteri generali, cui efficacemente si congiunge la normativa comunitaria europea in tema di protezione delle specie selvatiche (direttiva 79/409 CEE).

 

(Sentenza della Corte costituzionale n. 135 dell’anno 2001)

 

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